Settori strategici eliminati, cure ridotte, acqua che non basta perché arriva meno di quanta dovrebbe. Tutto questo alle Terme dei Papi succede da mesi, tanto che al Tar pende un ricorso contro il Comune - proprietario dell’impianto - da 36 milioni e 243mila euro. A tanto ammonterebbero i mancati introiti dettati dalla carenza di risorsa termale, secondo il patron dello stabilimento, Fausto Sensi. Che si autodefinisce «rammaricato, esasperato, sconsolato». Ha scritto tre volte alla sindaca Chiara Frontini. Risposte? «Zero, come parlare al vento: sono un muro di gomma».
La vicenda
I problemi sono elencati nel carteggio.
La seconda lettera è del 13 dicembre. Si sottolinea la «perdurante sussistenza delle problematiche da noi più volte segnalate». Nello specifico, «soppressione di interi reparti e trattamenti termali, impossibilità di attivazione di nuovi servizi già predisposti, inibizione della programmazione e promozione delle strategie aziendali». Il tutto «sta minando pericolosamente la credibilità dell’azienda». Infine, quella vergata il 23 aprile, recapitata stavolta anche a tutti i consiglieri. Si ricorda anche che «sono state intraprese opportune iniziative giudiziarie culminate di recente in una richiesta risarcitoria dell’ingentissimo danno arrecato alla struttura», ovvero il ricorso da 36 milioni.
All’altro capo del telefono, Sensi è un fiume in piena. «Devono rendersi conto che c’è un problema serio - dice - ma è come se la cosa non interessasse. La causa in corso è importante, non è buttata là per perdere tempo. Si causano danni allo stabilimento del Comune: se l’ente ci impedisce di farlo funzionare in modo corretto fa un danno grosso a se stesso e alla città. Stiamo tenendo al guinzaglio una struttura che potrebbe fare bene a livello internazionale». Ci sono due fonti che alimentano le terme da sempre: la callara del Bullicame e il pozzetto. «Da una parte non arriva acqua, dall’altra arriva meno di quanto dovrebbe. Se la condotta non viene manutenuta si creano incrostazioni e si chiude. Ci siamo offerti più volte di occuparcene, anche se dovrebbe essere onere del Comune». La sintesi in un paio di parole: «È assurdo».